SU PER IL CIELO!

STORIA DI UN TOPO CHE INSEGUI' UN SOGNO

RAFFAELE FAMELI

Attenzione !! Le storie sono protette da copyright  dell'autore SIAE (C)

 

Un topolino di nome Kenny, che viveva nelle vicinanze di un bosco fitto fitto, non si sentiva molto contento di se… Già da parecchio tempo rimuginava tra se e se un’idea che doveva condurlo molto lontano.

Era un gran lavoratore, questo è certo, tutti gli altri topolini lo conoscevano e lo apprezzavano per la sua abilità di scovare il cibo e di portarli fino a quel ben di Dio, ma, tra una ricerca di cibo e l’altra non faceva altro che fantasticare. Già! Era un sognatore! Il suo tempo lo passava osservando gli uccelli in cielo. “Oh! Come sembrano felici di essere lassù a volare!” Pensava il poveretto, e inconsciamente sbatteva le braccia come se fossero delle ali.

Questa sua mania, passò inosservata per parecchio tempo dagli altri topi, che continuavano a cercare il cibo ed a sistemare le tane per l’inverno ormai alle porte. Una cosa era chiara, Kenny si sentiva sempre triste. Voleva essere libero come gli uccelli che osservava. L’infelice si strappava di tanto in tanto le orecchie piangendo in segreto, ma non voleva far vedere agli altri questo e continuava instancabilmente a lavorare ma, sempre con quel pensiero fisso in mente.

 

Un giorno, forse uno dei più tristi in assoluto, andò in riva al mare. Si sentiva triste e solo! Avrebbe sicuramente pianto se non fosse stato catturato dalla bellissima vista del mare. Com’era bello il suono delle onde che si infrangevano sugli scogli. Si sdraiò sulla spiaggia deserta e respirava a pieni polmoni l’aria carica di salsedine. Stava quasi per addormentarsi, quando udì il verso dei gabbiani. Aprì gli occhi, e vide su di se quelle creature volteggiare nell’aria. Restò intontito e meravigliato, la vista dei gabbiani lo aveva riempito di una sorta di tenerezza indicibile. Si alzò in piedi e cercò dentro di se il coraggio di chiamare uno di quei gabbiani per porgli le domande che lui si era sempre posto.  Schiarendosi la voce disse: “Scusa gabbiano! Vorrei parlarti!” Il gabbiano sentendosi chiamare atterrò davanti a lui: “Cosa c’è topo? Cosa mi vuoi dire?” Kenny, cercando di far sciogliere il nodo che aveva in gola disse: “Io volevo… volevo chiederti com’è volare!” Il gabbiano rispose sorridendo con una luce nello sguardo: “E’ la cosa più bella dopo essere nati! Liberarsi in aria è entusiasmante! Oh topo! Non puoi immaginare cosa si riesce a provare volando! Si è veramente liberi lassù! Una libertà immensa!” Kenny era estasiato e con gli occhi umidi disse: “Oh gabbiano! Ti prego! Insegnami a volare come fai tu! Voglio anch’io essere libero!” Il gabbiano prese a ridere come un forsennato e gli disse: “Tu? Tu vorresti volare? Ma sciocco! Tu non lo potrai mai fare! Sei un topo! Vedi queste? Queste sono ali, invece tu hai le zampe! Come pensi di volare senza avere le ali? E’ una cosa impossibile per la tua specie! Cerca piuttosto di camminare sulla terra! Che è quello che ti riesce meglio!” Kenny si sentì deriso e umiliato, quell’uccello che avrebbe dovuto aiutarlo, invece lo aveva schernito in un modo crudele; disse allora piangendo: “Io voglio volare e ci riuscirò con il tuo aiuto o senza! Voglio andare SU PER IL CIELO!” Il gabbiano rise sguaiatamente dicendo: “Poveretto! Mi fai proprio pena! Sei pazzo o cosa? Il cielo non è posto per i topi! Cerca di rassegnarti al tuo misero destino di camminatore terrestre!” Kenny a quel punto corse via piangendo con lamenti acuti, non gli andava di sentire più le risate del gabbiano che era già volato dai suoi compagni a riferire che un topo aveva intenzione di volare come loro.

Ritornò nella sua tana triste come non mai. Comprese che non poteva dire a nessuno il suo segreto; non l’avrebbero mai capito.

 

Passarono sette giorni. Il gabbiano andò in giro per la foresta a raccontare di quanto aveva sentito. La notizia, naturalmente arrivò anche alle orecchie degli amici topi di Kenny che presero anche loro a parlargli dietro prendendolo in giro. Egli se ne accorgeva e ne soffriva. Durante il lavoro di ricerca del cibo, qualcuno era stato così crudele da dirgli: “Kenny! Che bella mela che c’è su quell’albero! Perché non spicchi il volo e la vai a prendere? AHAHAHA!!” Oppure “Mi fai vedere le ali? Sono fatte di piume bianche o dorate?” Anche i cuccioli, tirandogli la codina ripetevano in coro: “Kenny vuole volare! Kenny vuole volare!”. Era una tortura. Oramai tutti gli animali sapevano del poveretto. Solo un suo amico cercava in tutti i modi di difenderlo. John, questo era il nome del topolino, amico di Kenny fin dall’infanzia, sentendo parlare di lui in quel modo, montava su tutte le furie, e arrivò anche a fare a botte per lui.

Il tempo passava, ma Kenny era sempre più triste! Ormai anche la sua compagna lo aveva lasciato, perché aveva paura che a stare con lui, l’avrebbero presa in giro.

 

In una notte molto cupa e piovigginosa di settembre,  prese la risoluzione di andare via da quella foresta che ormai non poteva più garantirgli tranquillità e sicurezza. Era anche consapevole che infondo, era stata anche colpa sua. “Se non avessi parlato al gabbiano forse tutto questo non sarebbe mai accaduto! Sono stato uno stupido, ma io… io voglio volare! Questo è il mio sogno! Farei di tutto pur di poterci riuscire!” Aspettò fino al mattino. Uscì dalla tana quando il sole era appena spuntato. Pensava: “Allora, ora dove vado? Uscirò da questa maledetta foresta e cercherò chi mi può aiutare e capire! Ecco cosa devo fare!”. Un altro topo era alla ricerca di cibo. Era John che lo vide uscire di fretta dalla tana, e sospettando qualcosa, lo seguì e fermandolo disse: “Hey Kenny! Dove vai così di fretta?” Quello, vedendo il suo amico si fermò e disse: “Ciao! Io… io stavo andando via da questo bosco perché NON VOGLIO PIU’ ESSERE UN TOPO! Voglio VOLARE! Voglio volare SU PER IL CIELO!” Il topolino, vedendo che Kenny parlava sul serio  decise di farli un discorsetto e disse: “Cosa ti salta in mente! Non vedi che tutti ti prendono in giro? Non dovresti dire queste cose! Perché non dovresti essere un topo? E poi, volare non è per noi! Noi non lo possiamo fare!” Kenny si girò verso l’amico piangendo: “Appunto! Devo trovare qualcuno che è disposto ad aiutarmi! Tu non puoi sapere come mi sento! Ora lasciami andare..” Quello, amorevolmente gli disse: “Non ti lascerò solo in questa impresa che a me sembra disperata! Siamo amici fin da quando eravamo cuccioli! Verrò anch’io!” Kenny,  restò di stucco dalla decisione di John. Egli aveva capito che il suo amico era disposto ad essere anche lui umiliato, e non volendo questo gli disse: “No John! Tu non puoi venire con me! Perché vuoi rovinarti la vita per una mia pazzia? Tu hai una famiglia, devi cercare di stare con loro e non con me che sono…” “Sei un topo che ha il coraggio di inseguire un sogno!” Disse John interrompendolo: “Purtroppo, in questo mondo, chi insegue una chimera viene subito disprezzato! Coraggio dunque! Ritorneremo! La mia famiglia mi aspetterà! E poi… sono curioso di vedere se è possibile che un topo possa volare come un uccellino!” I due amici si strinsero in un abbraccio molto tenero e Kenny, avendo ritrovato fiducia in se stesso partì insieme a John per inseguire il suo sogno.

Camminarono per uscire dalla foresta; il sole era ancora offuscato dalle nubi. Ormai, anche la notizia che John aveva abbandonato la sua famiglia era circolata. Gli altri topi si domandavano se la pazzia fosse contagiosa: “Guarda un po’! John si è lasciato traviare da quello snaturato! Ha abbandonato tutto e tutti per seguire un pazzo!” Questa  era la cantilena che si sentiva di ora in ora da tutti i topolini.

 

Kenny e John avevano lasciato la loro foresta per avventurarsi in una località a loro sconosciuta. Potevano incontrare chissà quali pericoli. Non sapevano dove andare in quel nuovo mondo a loro ignoto. John disse all’amico: “Eccoci! Siamo usciti dalla nostra foresta. Ma ora… dove andiamo?” Kenny, aveva sentito parlare di certi cavalli particolari che erano saggi e si diceva pure che avessero dei poteri magici e che quindi gli potevano dare delucidazioni in proposito, e disse all’amico: “Ho sentito che da queste parti ci sono dei cavalli con un unico corno in testa! Si chiamano unicorni! Sono magici! Loro mi possono sicuramente dire come fare!” John si era incuriosito all’idea di andare ad incontrare queste creature così potenti, e quindi non fece altre domande in proposito. Camminarono per ore ed ore cercando di intravedere qualcuna di queste mitiche creature, ma la ricerca era affannosa. Kenny era determinato ad inseguire il suo sogno, e non voleva tirarsi indietro anche se sapeva che gli unicorni erano animali schivi e rari, quindi difficili da incontrare. Sapeva pure che questi erano anche molto scaltri, e che avrebbero potuto chiedere qualcosa in cambio, ma egli era disposto a tutto pur di realizzare il suo più grande sogno.

Ogni tanto, i due topi, si fermavano per osservare gli uccelli che si posavano sugli alberi, e Kenny, era contentissimo di spiegare all’amico i comportamenti e soprattutto il modo di volare e di riconoscere le correnti ascensionali che questi animali sfruttavano per il loro volo. Era espertissimo! Nel tempo libero, aveva studiato minuziosamente e con pazienza, questi animali  proprio come farebbe un ornitologo al giorno d’oggi: “Vedi John! Loro sono felici di liberarsi nel cielo! Invece noi topi siamo costretti a camminare! Voglio realizzare il mio sogno! Non lascerò che la mia natura mi sbarri la strada verso la felicità!” L’amico ascoltava i suoi ragionamenti, ma era addolorato per una possibile delusione che Kenny avrebbe potuto avere, e cercava di preparare l’amico a questa eventualità: “Kenny! E se per caso questi unicorni non ti potessero aiutare? Cosa faresti?” L’impavido topo rispondeva: “Mi aiuteranno! Ne sono certo! Loro possono tutto! Fidati amico mio! Io volerò come un uccellino!” John abbassava la testa e non diceva nulla.

 

Oramai erano mesi che i due topolini erano in viaggio. Nella loro foresta ormai non si faceva che parlare di loro. Molti davano la colpa a Kenny per aver condotto alla pazzia John. “Quel topo con le sue idee strampalate ha anche plagiato il suo migliore amico strappandolo alla sua famiglia che sta soffrendo per lui! Questa è una cosa inaudita! Non si è mai visto nulla di simile!” Diceva il capo topo agli altri del gruppo, e quelli annuivano e parlavano, come al solito, tra di loro. Anche altri animali, sentendo la notizia commentavano amaramente; una volpe disse: “Speriamo che i topi non riescano mai a spiccare il volo! Altrimenti… poveri noi!! addio caccia!! Che si mangerebbe? Con cosa potremmo sfamarci?”

 

I due topi, arrivarono in una radura dove pascolavano dei cavalli. Kenny disse a John: “Forse loro sapranno dove possiamo trovare gli unicorni…”; e così i due si avvicinarono ai cavalli. “Buon giorno Cavallo…” disse Kenny ad uno di quelli, e il cavallo disse: “Buon giorno a te topo! Cosa ti porta da queste parti?” “Dovrei incontrare gli unicorni! Tu sai dove si trovano?” Il cavallo, sbruffando nervosamente disse: “Anche se lo sapessi non te lo direi! Gli unicorni sono nostri nemici! Cosa volevi da loro?” John cercò di bloccare Kenny dicendo: “Niente signor cavallo! Niente…” Il cavallo  allora disse: “Non si cercano quelle bestiacce per niente! Avanti piccoli topi, dite a me! Forse posso aiutarvi io!” Kenny, allora disse: “Va bene! Vedi io vorrei volare come gli uccelli del cielo ed avere le ali come loro! Tu mi puoi aiutare?” L’equino rise di gusto e poi disse: “Mi hai preso per caso per Pegaso o per Phegeus? Come vedi, io non ho le ali! Come posso insegnarti a volare! AHAHAHAHA!” John, vedendo che anche gli altri cavalli ridevano come matti, decise di portare via Kenny, e girandosi verso il cavallo disse rabbiosamente: “Che modi sono questi! Sei un gran maleducato! Andiamo via Kenny! I cavalli non capiscono nulla!” Il cavallo, disse ridendo più che mai: “Io sarò anche maleducato, ma voi, miei cari topolini siete pazzi da legare! AHAHAHAH!” Andarono via da quel posto. Kenny, era diventato di nuovo triste poiché sperava che in un ambiente nuovo lo avrebbero potuto capire, ma, si rese conto che non era così. Nessuno al mondo avrebbe accolto bene il suo sogno. “John! Cosa devo fare? Tutti mi ridono dietro! Ma adesso basta! Voglio far vedere a tutti che quando si ha un sogno, bisogna sempre inseguirlo fino a realizzarlo! TORNERO’ A CASA VOLANDO! Non sei d’accordo?” John, triste pure lui, annuì ma non parlò.

 

Stava scendendo la sera. I due topolini dovevano fermarsi per la notte. Scelsero una pianura dove c’era un gran prato. Si sistemarono alla meglio fra l’erba odorosa. Quella notte Kenny sognò di volare in cielo; vedeva John che lo salutava con la zampa mentre lui continuava a salire molto in alto. Vide di sotto a lui la strada che avevano percorso, e poi il bosco dove era nato e cresciuto. Ma appena tentò di atterrare, perse quota e cadde sentendo un gran rumore.

Si svegliò di soprassalto. Il rumore c’era stato veramente! John si svegliò anche lui con il cuore che gli batteva forte per la gran paura. Con gli occhi ancora tra il sonno e la veglia, Kenny, vide in lontananza, verso l’orizzonte dei cavalli bianchi con il corno che galoppavano a più non posso. Erano unicorni! Probabilmente avevano pascolato proprio su quel prato dove loro si erano addormentati, e il rumore era dovuto al loro galoppo. I due topolini si rizzarono in piedi, e Kenny disse con trionfo: “Ecco! Ci siamo! Tra poco il mio desiderio diventerà realtà!” John, stropicciandosi gli occhi disse: “Dove vuoi andare? E’ pericoloso! Gli unicorni possono farci del male!” Kenny rispose: “I sogni non hanno mai fatto male a nessuno! Andiamo pigrone! Il gran giorno è arrivato!” E dicendo così prese per mano l’amico che ancora non si era svegliato bene. Corsero per il prato, per raggiungere quelle maestose creature, ma un brivido di paura li pervase. Davanti a loro si era parato un grosso gatto. “Dove andate così di fretta, topolini?” Chiese il gatto, estraendo i suoi artigli. Kenny e John erano terrorizzati e non dissero nulla. Il gatto continuò: “Sapete… è da ieri che non mangio nulla, e se non metto qualcosa nello stomaco rischio di morire di fame! HAHAHAHAH! Voi due siete la mia colazione!” Gli impavidi topi decisero di fuggire, ma il gatto, che era molto più veloce di loro gli agguantò con la zampa. “Aspetta gatto!” Disse Kenny: “Noi non possiamo essere mangiati proprio ora che il mio sogno sta per realizzarsi! Lasciaci andare!” Il gatto, volendo giocare con loro disse: “Sogno? Quale sogno? Dimmi topo! E forse vi lascerò andare!” John era perplesso e disse all’amico: “Kenny! Non ti fidare! Non ci lascerà mai andare via! Siamo spacciati!” Ma Kenny, anche se morto di paura disse: “Il mio sogno gatto, è quello di poter volare come gli uccelli del cielo! Non dirmi che anche tu vedendoli volare non hai mai provato il desiderio di…” “Di mangiarmeli!” Rispose di getto il gatto: “Già! Vorrei mangiarmeli! Questo è il mio più grande desiderio! Ma dimmi? Come pensi di volare senza avere le ali?” Kenny, terrorizzato disse: “Se ci lasci andare come hai promesso, te lo farò vedere!” John, guardava il gatto come per pregarlo di dare ascolto alle parole del suo amico. Il gatto, che certamente non aveva intenzione di vedere il prodigio annunciato da Kenny, disse: “L’unica cosa che vorrei vedere, è come pensi di scappare da me!”

 

Ormai i topolini erano spacciati! Il gatto si stava preparando per il salto finale quando…: “FERMATI IGNOBILE FELINO!” Kenny e John, che avevano chiuso gli occhi li riaprirono sentendo quella voce. Era un unicorno! Il gatto, vedendolo disse: “Sempre tu a rompermi le uova nel paniere! Ma cosa vuoi da me?” Quello, sbattendo con forza lo zoccolo, e puntando minacciosamente il suo corno contro di lui disse: “Non ricordi più? Mi avevi promesso di non cacciare in questa zona! Questo è il territorio degli unicorni! Adesso va via! E non ritornare più! Non ti permettere di fare del male a queste creature! Adesso, sono sotto la mia protezione!” Il gatto, vedendo che con l’unicorno non c’era da scherzare disse: “Va bene! Va bene! Ma calmati! Tanto… a me non interessano! Sono matti! Uno di loro dice che ha intenzione di volare come un uccello! Roba da matti!” L’unicorno sbattendo lo zoccolo ancora più forte, fece scappare il gatto, e poi si rivolse ai due topolini: “Tutto a posto amici? State bene?” John disse: “Grazie a te si! Ma ci è mancato poco! Stavamo per…” L’unicorno disse: “Non lo dire! Ormai siete in salvo! Il gatto non oserà più toccarvi fino a quando ci sarò io a proteggervi! Io non tollero violenza sul mio pascolo!” Kenny era estasiato. Osservava quella mitologica creatura con tanto di occhi fuori dalle orbite. “Ho sentito dire che uno di voi vuole volare! Chi di voi?” Kenny si rizzò in piedi e alzò la zampa, mentre John, tentava di tirargliela giù temendo un’altra umiliazione. L’unicorno sorrise, e guardando negli occhi Kenny disse: “Era tutto scritto! Sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato! Non avere paura piccolo topo! Il tuo più grande desiderio si può, anzi, si deve avverare!” Kenny, guardava incredulo e spaventato l’unicorno: “Davvero? Davvero mi vuoi aiutare o mi prendi in giro come tutti quanti? Sai… ho sofferto molto! Nessuno mi ha mai capito! Non mi dare un’altra delusione! Non la sopporterei!” Disse guardando l’unicorno negli occhi per capire se diceva sul serio oppure no. Quello, abbassando la testa verso di lui disse teneramente: “No! Io non ti prenderò in giro! Tu sei il topo che è stato prescelto dall’alto per dar luogo al miracolo! Nessuno ti prenderà più in giro, anzi, ti posso assicurare che ti guarderanno con rispetto e timore. I tuoi figli sapranno volare come te! Non sarai più un topolino ma diventerai qualcos’altro! Pipistrello sarà il nome della nuova specie!” Kenny era incredulo. Non riusciva a crederci e disse: “Io un pipistrello? Ma cos’è?” John che aveva intuito qualcosa disse: “Non sarà mica un topo con le ali?” L’unicorno rispose: “Si! E sarà un animale notturno! Volerà proprio come un uccello, ma non sarà del tutto uno di questi! Topo! La tua sofferenza ti premierà! Riuscirai a volare come volevi!” Kenny era contento. La gioia era così grande che con uno slancio di contentezza, abbracciò le zampe dell’amico unicorno, dicendo: “Questo è il più bel giorno della mia vita! Come potrò mai sdebitarmi con te?” L’unicorno disse: “Non è con me che ti devi sdebitare! Io sto facendo solo il mio dovere soprannaturale! Ci sono solo due cose che devi ringraziare: la tua tenacia di inseguire un sogno, e poi il tuo amico che non ti ha abbandonato come gli altri! Ringrazia soprattutto te stesso! Ricordati che i sogni vanno sempre inseguiti e non bisogna rinunciare mai! Ci vorrà tempo, ma alla fine ci si riesce sempre!”

 

Così, l’unicorno chiese ai due topolini di restare presso di lui tutto quel giorno, perché allo scoccare della mezzanotte si sarebbe verificato il miracolo. Naturalmente Kenny e John furono entusiasti di stare tutte quelle ore con quella creatura così ricca di sapienza e potere, che quasi non saltarono per la gioia.

Le ore con l’unicorno passarono veloci. Era davvero bello vederlo mangiare e parlare di cose molto difficili da capire. L’unicorno fece addirittura vedere ai nostri amici, la luce che scaturiva da lui, una luce così abbagliante che non sembrava provenire dal nostro mondo, e poi, con estrema calma, riuscì anche a scavare nel passato di Kenny, vedendo tutto quello che il poveretto era stato costretto a soffrire prima di arrivare su quel prato. “Ti hanno fatto molto male parlandoti dietro! Quante lacrime hai versato per colpa loro! Ma tu sei stato forte! Sei riuscito a superare tutto! Vedi… quando sei nato avevi già segnato nel tuo destino una via molto difficile ma che si sarebbe conclusa in meglio! Tu sei il topo predestinato ad un destino di gioia! La gioia che hai sempre desiderato! Volerai! E’ questo il destino che è stato scritto nelle vie delle stelle per te!” Kenny, disse: “Ancora non ci riesco a credere! Ma lo sapevo… sapevo che trovandoti avrei avverato il mio desiderio! SU PER IL CIELO! E’ questo il mio destino!” John, guardava la scena e una lacrima gli correva per il muso.

 

Arrivò finalmente la notte! L’unicorno condusse i topolini sul prato, e creò con il suo corno in terra un cerchio di luce indaco, e disse a Kenny: “Bene! Ora va dentro il cerchio e cerca di stare tranquillo!” Kenny non se lo fece ripetere due volte, ed entrò nel cerchio di luce con passo sicuro. John osservava la scena dell’unicorno fuori dal cerchio e di Kenny, che sorridente era al centro esatto della circonferenza di luce. L’unicorno chiuse gli occhi, e poi aprendoli disse con voce seria e austera: “IN VESPERTILIONEM EGO TE CONVERTO!” Dal suo corno, uscì un raggio di luce immensa, che colpì il cerchio dove si trovava Kenny, facendo luce come se fosse giorno, tanto  che abbagliò John costringendolo a portarsi le zampe sugli occhi. Dopo un po’ di secondi l’unicorno disse: “Tutto è compiuto!” John, guardò dentro il cerchio e vide una cosa che lo lasciò di stucco. Kenny, che ancora aveva gli occhietti chiusi era diventato un pipistrello con tanto di ali. Ancora non si era reso conto di non essere più un topolino, e aprendo gli occhi disse piangendo: “Lo sapevo!! Non ha funzionato!! Un topo non può VOLARE!! Unicorno, tu mi hai preso in giro come gli altri!!” John, disse a quel punto: “No Kenny! Ti sbagli! L’unicorno ha fatto quello che doveva fare, e ci è riuscito! HAI LE ALI!!” Quello, ancora incredulo disse: “E secondo te queste sono al…” ma si bloccò sul più bello, poiché vide le membrane alari che erano attaccate alle braccia e al corpo. Un pianto sommesso si propagò nella desolazione di quel prato. John andò dall’amico pipistrello con un po’ di timore e lo abbracciò. L’unicorno, riprendendo a sorridere disse: “Dovrai fare un po’ d’esercitazione di volo, ma alla fine volerai come hai sempre desiderato! Adesso dipende solamente da te! Ti devo avvertire che adesso sei un’animale notturno! Dormirai nelle caverne a testa in giù, posizione un po’ scomoda ma alla fine ti abituerai! Hai pure acquisito delle capacità di caccia molto particolari! Mangerai insetti, che ti sazieranno, e li caccerai con l’uso di un sonar. Emetterai in volo un suono, e se ti ritornerà indietro significherà che c’è una preda oppure un ostacolo. Potrai andare in giro di notte nel buio più assoluto! Potrai uscire quando cala il sole ed è quasi penombra!” Kenny non credeva alle sue orecchie (molto sviluppate), era ancora incredulo. Il suo corpo somigliava a quello di un topo ma aveva le ali. Incominciò a provare a spiccare il volo, e quando fu lassù emise un grido di gioia. L’unicorno e John stettero a guardare la scena commossi.

Kenny era il primo pipistrello. Si divertiva un sacco a volteggiare sulla testa dei suoi amici, e quando decise di scendere in terra, ringraziò l’unicorno dicendo: “Questo è il più bel regalo di tutta la mia vita! Non scorderò mai quello che hai fatto per me!” Poi voltandosi con John disse: “Ringrazio anche te amico mio! Sei venuto insieme a me, prendendoti pure tutti gli insulti che erano solo destinati a me! Hai lasciato la tua famiglia! Ora è tempo di ritornare da loro!” John, piangendo disse: “Perché mai avrei dovuto lasciarti? Siamo amici o sbaglio?” I due amici si strinsero ancora in un affettuoso abbraccio e poi si voltarono verso l’unicorno che era scomparso.

 

Adesso dovevano tornare indietro. John camminava, mentre Kenny a volte spiccava il volo ed altre volte camminava a fianco dell’amico. Camminarono fino al mattino seguente, ma Kenny volle riposarsi. Volò su un albero e dormì fino al tramonto a testa in giù. Questo provocò non poche perplessità a John che lo vedeva dormire, ma l’unicorno aveva detto che di giorno i pipistrelli dovevano riposare, e così fu. John andò in giro a cercare qualcosa da mangiare, e chi lo incontrava solo per la foresta gli chiedeva di Kenny (naturalmente prendendolo per i fondelli), ma lui lo difendeva a spada tratta: “Vedrete!!! Vedrete cosa è stato capace di fare!! Non crederete ai vostri occhi!! Lui è riuscito ad avverare il suo sogno!! LUI ADESSO VOLA!!!” Quelli, gli ridevano dietro, pensando in una bugia detta solo per impressionare, ma l’impavido topo rigirandosi diceva senza alcuna paura: “Ve ne accorgerete molto presto e vi rimangerete tutte le cose brutte che avete detto!!”

 

Arrivò la sera, e Kenny con John si addentrarono nella foresta. Il cavallo che li aveva visti qualche tempo prima, fu preso da un tale spavento nel vedere Kenny, che balbettò: “Oh mio Dio! Ma cosa… non è possibile… come hai fatto a… tu… tu… voli?” Kenny, ridendo planò sulla testa del cavallo e disse: “Non te lo aspettavi vero? Maleducato di un cavallo? Adesso guardami bene! Sono io! Riferisci a tutti i tuoi amici cavalli quello che hai visto!” Il cavallo corse subito dicendo: “Non è possibile! Non può essere vero! Un topo non può volare!! Ma l’ho visto con i miei occhi!” John disse con soddisfazione: “Ha avuto quello che si meritava! Hai visto Kenny? E’ diventato bianco per la paura! Adesso non oserà più prendere in giro nessuno!” Kenny, si mise a ridere, e il viaggio continuò.

 

Dopo un viaggio che durò molto, arrivarono nel loro bosco. Kenny, ebbe la bellissima idea di far entrare nella loro zona solamente John. Quello fece così, e mentre Kenny era appoggiato ad un albero, John si addentrò nella zona dove c’erano le tane. Un topo lo vide e diede subito l’allarme: “John è tornato! John è tornato! Ma di Kenny nessuna traccia! Cosa gli hai fatto?” Si rivolse poi a John guardandolo male; il topo, con un sorriso fatto apposta per prendere in giro disse: “Avevate ragione voi! Kenny è un pazzo! Chiama tutti quanti, così racconterò quello che è successo!” Naturalmente, quello non si fece pregare, ed andò a chiamare tutti. Accorsero pure il gabbiano con i suoi amici, e la volpe. Tutti volevano sapere quello che era accaduto al topo impazzito che voleva volare come un uccellino. John, quando tutti furono riuniti, disse: “Innanzi tutto, voglio riprendere la mia vita che facevo prima di questa, diciamo così… pazzia! Io amo la mia compagna e anche i miei cuccioli!” I topi applaudirono. John era tornato se stesso! (Almeno così credevano!). “Poi…” continuò John: “Voglio raccontarvi le avventure che abbiamo avuto!" E si mise a raccontare filo e per segno, tutto quello che era successo, fino all’attacco del gatto. Quelli dissero con trepidazione: “Allora Kenny è morto!” E la volpe ringhiando disse: “Il gatto se lo sarà pappato in un boccone! Peccato! Avrei voluto mangiarmelo io…” John, sempre sorridendo come per sfottere tutti i presenti disse: “Già! E’ morto come topo! Ma…. Hehehehe!” “Come! Tu ridi per una tragedia simile?” Disse la compagna di Kenny che aveva le lacrime agli occhi; John disse: “Tragedia? La tragedia l’hai fatta tu quando lo hai abbandonato al suo destino! Era il tuo compagno! Non mi dire che adesso non provi  il rimorso per quello che hai fatto?” Quella si mise a piangere. Il gabbiano, interruppe il discorso dicendo: “Amici! Purtroppo è chiaro che il povero Kenny non tornerà mai più! In un certo senso, ha ottenuto quello che voleva, ma adesso lo farà come un angioletto!” John disse: “Scusate! Avete interrotto il mio racconto!” Quelli rizzarono tutti le orecchie dicendo: “Perché? C’è ancora qualche altra cosa da dire?” “DA DIRE NO! MA DA VEDERE SI!!!!” Quelli, si voltarono dalla parte da cui veniva quella voce. Videro Kenny da pipistrello. Subito cominciarono ad agitarsi, ma lui disse: “State calmi per piacere! Adesso sarò io a raccontarvi quello che è successo dopo… come vedete sono vivo, ma ho cambiato, diciamo così… la mia vita!” La sua compagna gli corse vicino. “E’ stato un unicorno a compiere il prodigio…” E raccontò tutto. Quelli non credevano ai loro occhi. C’era stato, addirittura qualcuno che si fece coraggio e gli toccò le ali. “SONO VERE! MIO DIO! SONO ATTACCATE AL CORPO!” Kenny e John si misero a ridere. “Cosa vi avevo detto? Sono riuscito a fare quello che volevo! Adesso per me è un gioco volare SU PER IL CIELO! Caro gabbiano… tu non mi devi insegnare proprio un bel niente!! Anzi, sarò io a darti lezioni di volo! AHAHAHAHA!” Il gabbiano, con gli altri suoi amici, per paura spiccarono il volo e si diressero verso la spiaggia. Kenny, chiamò a se la sua compagna e le disse: “Amore! Io ho capito perché mi hai lasciato! Certo… non è stato un bel gesto, ma… ti perdono! Tu sarai la madre dei miei figli che voleranno come me!” Quella, si avvicinò e disse: “Perdonami! Io non volevo! Non ti lascerò mai più! Lo giuro!” E si baciarono.

 

Ormai, tutti sapevano. La sua compagna diede alla luce molti cuccioli di pipistrello. Non osarono mai più parlare male di Kenny, il topo che aveva inseguito un sogno, che poi realizzò. John, era ritornato al suo lavoro di sempre, ma andava a trovare spesso il suo migliore amico, e non lo abbandonò mai.

 

Sono passati molti secoli da allora, ma ancora oggi, nelle belle serate d’estate, quando alzerete gli occhi verso il cielo e vedrete dei pipistrelli volare, ricordatevi di Kenny e del suo sacrificio. Egli ha creduto in un sogno che poi ha realizzato a discapito di chi gli dava del matto e lo prendeva in giro.

Il volo dei pipistrelli è un muto ringraziamento ad un destino che spesso sembra essere crudele ma che poi si trasforma in una felicità senza limiti. Se crederete anche voi nei vostri sogni e non li lascerete mai, chissà…  potreste un giorno volare come Kenny SU PER IL CIELO.

 

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