LA CODA CHE CAMBIA LA VITA

RAFFAELE FAMELI

Attenzione !! Le storie sono protette da copyright  dell'autore SIAE (C)

 

(I)

 

La mia vita non è stata mai semplice. All’epoca dei fatti non avevo che sei anni, quando mi accorsi di non essere come tutti gli altri bambini.

Nella scuola, infatti, loro si divertivano a giocare a disegnare ed a fare tutte le attività che ogni scolaro della loro età facevano regolarmente. Io mi mettevo sempre in disparte. Non volevo prendere parte ai loro giochi; perfino la maestra mi diceva che, secondo lei, dovevo interagire di più con i miei coetanei e che se avessi fatto a modo mio mi sarei un giorno ritrovato emarginato da tutti. Questo accadde ma non per il motivo che la maestra, gentilmente mi aveva propinato. Insomma ero un ragazzo solo ma non ne risentivo. A me piaceva la solitudine.

A casa mia, mia madre si accorgeva che ero solito chiudermi in camera a giocare da solo; si stupiva anche del fatto che non portavo amici a casa e questo la turbava e ne parlava a mio padre: “Caro! Max non porta mai nessun compagno di scuola a casa! Sono preoccupata! Parlagli tu!” Ma mio padre, guardandola le rispondeva che era solamente una fase che sarebbe finita presto.

Come dicevo, le mie giornate le passavo chiuso in camera mia e a scuola, ed è stato proprio li che successe la prima mia esperienza strana. Siccome, la scuola dove mi trovavo faceva anche l’orario pomeridiano, mi trovavo spesso a dover mangiare alla mensa. Guai a toccarmi mentre mangiavo! Mi arrabbiavo molto, e volavano morsi ai malcapitati che, come colpa avevano solo quella di avermi rubato una patatina dal piatto.  La maestra mille volte mi diceva di essere buono con i compagni, e questo io lo capivo ma non potevo frenarmi quando qualcuno violava il mio pranzo. Questo, direte voi, è già strano, ma non potete nemmeno immaginare quello che sarebbe successo dopo nella mia vita.

Passarono così sette anni. Ero cresciuto. Adesso ero in un’altra classe. Quel giorno c’era compito di matematica; ricordo la tensione nervosa che circolava nell’aria quando il professore dettava le tracce. Forse, fu per paura di non aver studiato oppure per un reale bisogno fisiologico, insomma mi venne un bisogno irresistibile di andare al WC. Alzai la mano e così il docente mi disse che potevo andare. Corsi per il corridoio poiché il bisogno si era fatto irresistibile. Arrivai e mi chiusi dentro. Feci quello che dovevo fare ma, quando fu il momento di tirarmi su i pantaloni, notai che non mi entravano; c’era qualcosa che, dalla parte di dietro mi impediva di tirarli verso l’alto. Non mi preoccupai sul momento, perché pensavo fosse la camicia, ma poi, vedendo che non era nemmeno quella ebbi un presentimento subito smentito dalla logica. Provai una seconda volta ma niente! Non riuscivo! Mi feci coraggio e allungai una mano. Toccai un qualcosa di morbido e peloso. Gridai dalla paura, tanto che i miei compagni, sfuggiti anche loro dal prof di matematica, accorsero tutti davanti alla porta del mio WC.  Non potevo smettere di tremare. Non avevo capito ancora di quello che si trattava e ne avevo paura; pensavo fosse un insetto ma a pensarci bene non lo era! Infatti gli insetti non erano pelosi come quella cosa che sembrava anche essere molto lunga, e poi pensavo che se si fosse trattato di un animale (ancora non sapevo che lo sarei diventato io), mi avrebbe sicuramente morso e quindi aspettavo il dolore lancinante che non arrivava mai. Decisi di riprovare a toccare quella strana cosa lunga e pelosa. Girai ancora la mano e la toccai. Gridai di nuovo. Ora dovevo carpire la  lunghezza dell’oggetto misterioso. Con la mano andai in giù per tutti quei peli ed infine arrivai alla punta. Ero terrorizzato! Avevo più o meno capito di cosa si trattava, ma volli fare un altro esperimento. Dovevo capire se quella cosa era attaccata oppure no, così, senza troppi fronzoli mi toccai il culetto fino a salire dove si trovava l’oggetto del mistero! Gridai dal ribrezzo! Era attaccata a me!

I miei compagni nell’antibagno capirono che c’era qualcosa che non andava, così il più audace di tutti decise di vedere cosa stava accadendo, e così andò in un WC vicino al mio per poter montare sulla tazza e salire fino a vedere cosa stava succedendo nell’altro bagno. Io non mi accorsi di questo. Ero preso da quella cosa che apparteneva al mio corpo e che comunque non riuscivo a comprendere. Da quella posizione il mio compagno ha potuto di certo osservare tutto quello che stava accadendo. Ora dovevo vedere, ma mi mancava il coraggio. Ero stralunato! Vedevo nella mia mente una scena simile a quella di Pinocchio con Lucignolo trasformati in due asinelli, ma il protagonista ero io. Allungai la mano e presi quella cosa, e così ho potuto constatare che era lunghissima. Avevo gli occhi chiusi per lo spavento, ma facendo appello a tutto il coraggio che avevo in corpo li aprii. Notai subito che si trattava di una coda di color arancione con la punta bianca. Gridai. Era una coda da volpe! Tentai in tutti i modi di tirarmela via ma mi faceva un male terribile. Faceva parte del mio corpo  e certamente non avrei potuto staccarla.

Il mio compagno, nell’altro bagno, vedendo quella scena cadde e si udii un terribile rumore, ma poi uscendo dal bagno, dolorante, cominciò ad urlare anche lui come un forsennato ai compagni rimasti fuori: “Ha la coda!! Ha la coda da volpe!! L’ho visto!! Non è finta, è attaccata a lui!! Lui… lui… è una volpe!!!” Quelli, naturalmente non credettero ad una sola parola e ridendo come delle iene lo presero in giro. “Ma dai! Com’è possibile! Sarà sicuramente uno scherzo!” Ma quello volle dare ai suoi amici la prova di quello che aveva detto. Spalancò la mia porta, ed i ragazzi potettero vedere. Io mi girai subito e tentai di spiegare che si trattava di una coda finta e che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma quelli si misero a gridare ed ad urlare tanto forte che arrivarono pure delle ragazze che si accingevano ad andare anche loro al bagno.

In tutta quella confusione, mi sentivo come ingabbiato da tutti quegli sguardi che tentavano di vedermi la coda, come se fossi stato davvero un animale in uno zoo. Arrivò persino il prof. Subito, il docente, volle sapere il motivo di tanta agitazione, ed il mio compagno che aveva visto la coda disse: “Professore! Mi dovete credere! Max ha la coda!” Il prof ridendo disse: “La coda? Ma cosa stai dicendo? Non è mica un animale!” Ma quello, mettendosi a piangere disperatamente disse: “Lo giuro! L’ho visto con i miei occhi! Se non ci credete guardategli dietro! Ha la coda! E’ una coda da volpe!!” Mi sentivo osservato. Avrei voluto scappare per nascondermi ma non potevo. Mi toccai per l’ennesima volta il fondoschiena ma la coda era sparita come per magia. Mi feci coraggio, e dissi con voce tremolante: “Non c’è alcun bisogno di controllare prof! Mi giro da solo! Probabilmente Antony avrà avuto un’allucinazione! Ecco tutto!” E mi girai. I miei compagni, vedendo che la coda era scomparsa dissero in coro: “Prima era li, ed adesso non c’è più! Com’è possibile? L’abbiamo vista tutti!” Il prof disse: “Andiamo in classe! Se volevate svignarvela dal compito dicendo questa stupida bugia, avete sbagliato!” E dicendo così fece rientrare tutti in classe, lasciandomi solo con Antony in bagno. Quando fummo soli, Antony con gli occhi lucidi dal pianto mi disse: “Non è stata un’allucinazione? E’ vero?” Io dissi : “Ma scherzi… io la coda? Chissà cosa avrai visto! Sicuramente era una di quelle allucinazioni collettive…” Ma nemmeno io ero molto sicuro di quello che andavo dicendo. Il mio compagno si accorse che tremavo e fece un giuramento: “Max! Ti giuro che starò sempre alle tue costole! Scoprirò il tuo segreto!” E corse via come un dannato lasciandomi solo con i miei dubbi e le mie paure in quel bagno deserto.

 

(II)

 

Arrivai a casa con il terrore che i miei compagni o il mio prof potessero dire ai miei genitori della mia disavventura. Una cosa era certa! In vita mia non avevo mai visto nulla di simile. Andai di corsa in camera mia, dove cominciai a palparmi il sederino ma senza trovare alcuna traccia della coda. Pensai che forse era stato tutto uno scherzo della mia fantasia, ma a pensarci bene anche gli altri avevano visto e cominciai a dubitare di me stesso. Non mi sentivo più io. Ero stato sempre diverso dagli altri per il mio comportamento, ma quello che mi era successo era davvero incredibile. Com’era possibile che un ragazzo avesse una coda da animale? Questo dubbio amletico non la smetteva di tormentarmi. E poi… perché proprio la coda di una volpe? Io non ne avevo mai vista una in vita mia! Decisi allora di studiare le volpi ed il loro comportamento; così presi l’enciclopedia e cominciai a leggere. Da quel libro, incominciai a fare i primi ragionamenti e paragoni tra me e quell’animale, e mi accorsi che la descrizione dell’astuto canide mi calzava a pennello.

Quella sera i miei genitori erano fuori, così sono andato a noleggiare una video cassetta che trattava proprio delle volpi. Corsi in casa con il mio prezioso nastro, non accesi nemmeno la luce. Ho inserito la video cassetta nel videoregistratore e cominciai a guardare. La vista della volpe in libertà mi fece talmente tanta tenerezza che cominciai a piangere come un bambino. A metà filmato mi sono sentito strano, mi venne un piccolo dubbio. Mi guardai in giro e notai che al buio ci vedevo. Era il momento della verità! Mi toccai, e lei c’era! Corsi ad accendere la luce e la vidi bene allo specchio. Era proprio una coda di volpe. Mi rassegnai al mio destino, ma nessuno ancora doveva sapere. Appena mi rigirai vidi che la coda era sparita. Cominciai a capire come avvenivano le misteriose apparizioni! Era stato il buio! Già! Le volpi sono animali notturni! Ma a scuola? Probabilmente a scuola ero sotto pressione per il compito in classe e la mia parte da volpe si era fatta sentire , (da come avevo visto nella video cassetta) per sfuggire al pericolo imminente! Ormai era tutto chiaro! Ero una volpe! Mi venne in mente la figura dei licantropi, ma non era la stessa cosa! Io non ero un lupo mannaro, ma bensì una volpe mannara, e poi non ululavo alla luna, così coniai per l’occasione un’altra parola che mi potesse rappresentare al meglio: ‘ volpandroco! ‘ Ero un volpandroco! Avrei voluto gridare a tutto il mondo il mio status, ma mi feci cauto. Non potevo rischiare di essere preso per pazzo o di essere chiuso in un laboratorio o ancora peggio in un manicomio.

 

(III)

 

Il giorno dopo rientrai a scuola. Tutti mi guardavano in modo strano, e cercavano di scrutarmi bene per vedere se avevo la fantomatica coda, ma non riuscendo a trovarla restavano delusi. Antony non faceva altro che starmi dietro come un segugio (cosa che a me dava molto fastidio) e ad osservarmi in tutti i miei spostamenti. Qualcuno aveva addirittura disegnato sulla lavagna una gigantesca coda di volpe con la scritta : Max ha la coda! Questo fece ridere i miei compagni ma non me. Cominciai ad agitarmi, e quando un mio compagno si avvicinò per toccarmi la coda che non avevo, gli ringhiai contro e lo morsi proprio come una volpe. Quello, terrorizzato si mise a piangere e fui espulso da scuola.

I miei, naturalmente non capirono e mi costrinsero a restare ‘ rintanato ‘ nella mia cameretta per più di una settimana. La lettera che il preside aveva gentilmente mandato ai miei genitori era al quanto carica di preoccupazione e di sgomento, diceva così: “Si informano i signori genitori di Max Shellman che loro figlio ha morso, ringhiando ‘ come un animale ’ un compagno di classe ferendolo gravemente ad un braccio. Si provvede all’espulsione da scuola per giorni tre.”. I miei genitori vennero nella mia stanza per la classica ramanzina. Dopo un ora di prediche da parte di mia madre e tre o quattro schiaffoni da parte di mio padre, non mi trattenni più e dissi piagnucolando: “Che ci posso fare io, se sono una volpe?” Silenzio di tomba. Mio padre e mia madre si guardarono in faccia stupiti. Andarono via dalla stanza senza parlare ed io rimasi chiuso lì dentro fino all’ora di cena. Sicuramente, mio padre decise di contattare uno psicologo per risolvere la questione, ma mia madre disse che era meglio aspettare per capire se era il caso di scomodare lo specialista.

Infatti, l’occasione di mettermi di nuovo nei guai non tardò. Dovevo confidare a qualcuno il mio segreto, altrimenti rischiavo di impazzire. L’opportunità venne a casa mia sotto l’aspetto della mia ragazza. Venne a trovarmi per sapere come stavo, e per mettermi al corrente delle lezioni che avevo perso, siccome lei era nella mia stessa classe. A me, non fregava nulla della scuola. La presi da parte e le confidai concitatamente il mio segreto. Quella non sembrava molto convinta, anche perché sembrava una cosa incredibile sotto ogni punto di vista, e mi disse che non ci credeva e che nessuno al mondo poteva avere una coda, almeno tra gli esseri umani. Quello era il ragionamento di una ragazza normale che non era in grado di capire il mio grave stato d’animo. Ormai, era giunto il momento di dimostrare a tutti di essere un ‘ volpandroco ‘, così senza fronzoli le dissi di seguirmi in camera mia. Quella, pensando ad un invito di altro genere mi seguì subito. Senza dire una parola la feci entrare e spensi la luce. Lei, che pensava ad un bacio, protese la sua boccuccia verso di me, ma, con suo grande disappunto baciò il vuoto. Si incacchiò di brutto e mi prese a brutte parole; io le dissi di stare calma e di ascoltarmi. Le proposi di toccarmi il sederino poiché doveva credermi in quanto era la mia ragazza e avevamo giurato di dirci tutto, e quella era una cosa che lei doveva sapere in quanto era parte di me. Accettò con molto disappunto e dicendomene di tutti i colori. Purtroppo quella sera la coda non si fece vedere non so perché. Quella,  prendendomi per matto, e senza salutare nessuno, se ne andò dandomi del cretino e dicendomi anche che fra noi era finita. Nemmeno lei mi credeva! Ormai avevo deciso! Tutti dovevano sapere. Così attesi il momento propizio per dare la mia brava dimostrazione.

 

(IV)

 

Mi accorsi di non sapere ancora nulla sull’animale che ero diventato. Non avevo mai, come ho detto prima, visto una volpe in vita mia. La dovevo vedere a tutti i costi per capire come si comportava e soprattutto osservarla bene. Presi le chiavi della mia motocicletta ed uscì. Ai miei non dissi nulla. Era quasi sera. Sapevo che le volpi escono per cacciare proprio all’imbrunire, e così mi inoltrai su una strada che conduceva in un posto isolato fuori città dove c’era un piccolo boschetto. Pensavo che in quel posto avrei potuto avere il mio bravo ‘ incontro ravvicinato ‘ con una di quelle creature. Tuttavia, non ero da solo! Antony mi vide e mi venne dietro, senza farsi vedere sulla sua moto.

Arrivai, dunque, sul posto, ma, tranne alberi ed erba non c’era proprio nulla. Il mio amico era dietro un albero zitto zitto, per vedere cosa stavo facendo, e tra se e se faceva mille supposizioni. Aspettai per quasi un’ora senza fare nulla. Avevo quasi perso la speranza di vedere una volpe. Quando, dopo circa dieci minuti mi sentii osservato. Vidi tra la folta vegetazione due occhietti piccoli piccoli. Mi avvicinai senza nessuna paura, ma quelli scomparvero. Pensai che era stata la mia fantasia a farmeli vedere, e quindi saltai in groppa alla moto, ma un fruscio mi fece sobbalzare e così anche al povero Antony.  Mi girai e vidi una creatura venirmi incontro senza paura. Era proprio una volpe! Scesi dalla motocicletta e mi avvicinai. Quella creatura mi guardava ed io la guardavo. Provai un senso di rispetto e di tenerezza; chi avevo cercato, ora si mostrava a me senza paura. Cercai di comunicare ma non a parole. Pensai che il modo più facile per farlo era quello di far parlare quello che avevo dentro. Se ero davvero una volpe, dovevo farmi capire. Presi a mugugnare e a guaiolare proprio come fanno le volpi. Il mio intento era di dire a quell’animale di avvicinarsi di più per farsi accarezzare; infatti, la volpe si avvicinò e si fece accarezzare. Antony era sorpreso e turbato da quell’atto, e cominciò a tremare come una foglia dicendo fra se e se: “Riesce a parlare con gli animali!! Max riesce a parlare con le volpi!!” Tutto questo durò a lungo, e poi, mi ricordai di avere con me un pezzo di pane preparato per l’occasione. Lo offrii alla volpe e quella lo mangiò dalle mie mani senza mai staccarmi gli occhietti di dosso. Dopo aver mangiato mi leccò la mano. Quella creatura libera e selvaggia aveva capito che ero uno di loro e non provava paura a starmi vicino, anzi si fidava a tal punto da leccarmi proprio come se fossi stato anch’io una volpe. Furono momenti d’incanto! Ero stato accettato e capito da un essere diverso da quello che ero io! Ma a pensarci bene non eravamo poi così diversi.

Antony, a quel punto, non ce la fece più. Si avvicinò a noi, bianco come un fantasma dicendo: “Come hai fatto? Tu… tu… non sei normale!!” La volpe, vedendo l’amico corse via. L’incanto si era rotto. “Antony! Ti posso spiegare…”, ma quello disse: “Cosa c’è da spiegare? Tu non sei come noi! Tu sei una volpe!” E corse al suo mezzo, e saltandoci su mise in moto e se ne andò correndo a zig zag come se avesse bevuto alcolici.

 

(V)

 

Quella notte non sono riuscito a prendere sonno. L’incontro che avevo fatto mi rimbalzava in mente senza darmi tregua. Ero talmente intenerito che pensai a come, una volta giorno, dimostrare al mondo intero che riuscivo a comunicare con le volpi. Pensai che il modo giusto era quello di andare da un mio amico che aveva il padre veterinario. Mi proposi di portare con me anche Antony, visto che aveva ormai scoperto tutto. Con questi pensieri in testa mi addormentai verso le cinque del mattino.

La mattina dopo, i miei genitori erano sempre più preoccupati. Mi accolsero in cucina con un aria glaciale. Sembrava quasi che fosse successo qualcosa di grave. Mio padre mi disse: “Max! Io non so cosa ti sia preso! Cosa hai voluto dire quando hai detto che sei una volpe?” Mi resi conto che con lui non potevo parlare e dissi per cambiare discorso: “Niente! Ero solamente un po’ stanco! Ora se permetti esco! Devo andare da Antony!” Presi le chiavi della moto e sono uscito con l’intenzione di andare a casa del mio amico. Mio padre e mia madre mi videro andare via e si guardarono in faccia.

Mi ero vestito per l’occasione di rosso. Avevo i pantaloni bianchi, scarpe nere e la maglietta rossa. Ormai avevo deciso che da quel momento, quello sarebbe stato il mio look. Con quel colore mi sentivo al mio agio; infondo le volpi avevano addosso quei colori! Mi sentivo felice! Fra un po’ di tempo, tutti avrebbero saputo chi ero!

Parcheggiai la motocicletta davanti al portone della casa di Antony e suonai il campanello. C’era solo lui in casa in quanto i suoi erano a lavorare. Appena mi vide diventò bianco e mi fece entrare. Gli dissi subito: “Antony! E’ tutto vero quello che hai visto! Sono una volpe! Non so nemmeno io spiegarmi il perché, ma riesco a comunicare con loro. La coda che hai visto a scuola è vera! Tu sei l’unico, siccome hai visto tutto di me, che mi può aiutare! Devo andare da Nick! Suo padre è un veterinario, avrà sicuramente una volpe in cura! Dimostrerò a lui quello che sono, e poi lo sapranno tutti!” Antony mi guardò con l’aria incredibilmente attonita. “Ma perché hai scelto proprio me!!” Disse il poveretto: “Perché? Non ti è bastato farmi venire gli incubi con quella tua orribile coda?” Io gli dissi che lui mi serviva come appoggio psicologico. Nemmeno io, ancora, ero sicuro al cento per cento delle mie capacità, e mi serviva qualcuno che mi stesse vicino. Quello, anche se attanagliato da mille preoccupazioni e paure, decise di venire con me.

 

(VI)

 

Appena davanti allo studio veterinario, incontrammo il nostro comune amico Nick. Quello, appena ci vide ci fece subito accomodare. Con molta calma, gli spiegai che volevo vedere una volpe, e quello, felice di essere utile andò a chiamare il padre. Nick non era a conoscenza del mio segreto in quanto, il giorno che mi accorsi di avere la coda lui non era presente a scuola. Antony era in uno stato di agitazione sempre più crescente. Secondo lui dovevano accadere delle cose orribili, e, mettendo in mezzo anche un adulto la cosa sarebbe diventata molto seria.

Il veterinario con suo figlio non tardò. Ci salutò in modo cordiale e volle sapere della nostra visita. Presi la parola: “Dunque.. Io volevo vedere, se è possibile una volpe! E’ un animale che non ho mai visto e mi farebbe piacere poterla osservare!” Antony, a mezza voce disse: “Già! E magari farsi un bel discorsetto con lei…” Lo guardai male. Il veterinario disse che eravamo fortunati, in quanto aveva trovato una volpe ferita ad una zampa proprio il giorno prima, ma che comunque si trattava sempre di un animale selvatico e quindi molto pericoloso e non era consigliabile avvicinarsi più del dovuto. Risposi che non c’era alcun problema; quindi, io, Antony e Nick, in compagnia di suo padre, ci avviammo nella stanza dove erano messe le gabbie con gli animali feriti.

In una gabbietta, lontana dalle altre, si trovava un bellissimo esemplare di volpe che ci guardava ringhiando per paura . Mi feci largo e tentai di avvicinarmi alla gabbia. Sentivo come una specie di richiamo. Era la bestiola che chiedeva aiuto. Il veterinario mi scostò violentemente dicendo che era un’imprudenza avvicinarsi di più, ma Antony prese la parola: “Vede… Max riesce a comunicare con le volpi! Lo so che sembra assurdo, ma l’ho visto con i miei occhi! Per non parlare poi della coda che gli spunta ogni tanto!” Il dottore si mise a ridere come un matto, e disse: “Come come? E tu mi vorresti far credere che lui riesce a comunicare con un animale? E’ una cosa priva di senso!” Mi feci avanti io. “Lasciatemi provare! Vi dimostrerò che Antony dice la verità! Ho parlato con una volpe, perché anch’io mi sento di esserlo!” Quello, volle vedere fino a che punto volevo arrivare e disse: “Ok! Ma a tuo rischio e pericolo!” Feci cenno di non preoccuparsi e mi avvicinai. La volpe mi ringhiò contro, ma io guaiolando le feci capire che ero un amico. D’incanto la volpe smise di ringhiare e cominciò a guaire. “Dice…” dissi: “Che gli manca molto la libertà che ha perduto! Ha paura!” Il veterinario disse allora prendendomi per i fondelli: “Questo lo so anch’io! Cosa ti aspetti da un animale che vive libero in natura e che poi si vede chiuso in una gabbia?” Feci cenno di non parlare in quanto la volpe mi stava comunicando altro. “Dice anche che è la madre di tre cuccioli e che li ha lasciati nella tana vicino al lago! Se non va a dargli il latte moriranno! Il suo compagno è stato abbattuto da un cacciatore e lei è stata ferita. Adesso è la sola a prendersi cura dei piccoli!” Il veterinario diventò pallido. Era vero! La volpe era una femmina e aveva latte, e poi la trovò vicino ad un altro esemplare che era stato abbattuto con un fucile. “Ma… come fai a sapere queste cose? Hai tirato ad indovinare?” Io gli risposi risolutamente: “Sono anch’io una volpe e la capisco! Adesso vi dimostrerò che posso addirittura accarezzarla senza che mi morda! Se non mi farà nulla dovete promettermi di liberarla! Lei vuole essere libera! E’ una questione di vita o di morte per i cuccioli!” Quello disse: “Ma piantala! Ti morderà di certo! Come puoi accarezzare una volpe?” Mi feci di nuovo largo, mentre il veterinario disse al figlio di prendere la cassetta del pronto soccorso, poiché era sicuro che mi sarei preso un bel morso.

 

(VII)

 

La volpe, mi guardò mentre mi avvicinavo. Le feci capire che volevo accarezzarla e così lei si rizzò in piedi e si avvicinò alla gabbietta. Il veterinario era sconcertato e così anche i miei amici. Introdussi la mano fra le sbarre, e lei, dolcemente si avvicinò di più. La accarezzai sulla testa, e lei mi leccò la mano e mi fece toccare i capezzoli pieni di nutrimento. “Ecco! Mi ha fatto toccare le mammelle! E’ evidente che è preoccupata per i cuccioli! Adesso lasciatela libera come avete promesso!” Il veterinario, volle provare anche lui ad accarezzare l’animale, ma io gli dissi: “NO! Voi non potete farlo!” Ma lui disse: “Taci! Se l’hai fatto tu, non vedo perché non posso farlo io!” E così dicendo introdusse la mano nella gabbia. La volpe si vide attaccata e ringhiando lo morse ferocemente. Fui io a dirle di smettere di mordere guaiolando. Il veterinario ritrasse la mano e mi guardò. “Tu ragazzo! Hai un dono particolare! Non so come tu abbia fatto, ma ti assicuro che sei eccezionale!” Io, gli feci capire che lo sapevo ma che mi premeva molto di più della libertà della bestiola. Lui, medicandosi proprio con la cassetta del pronto soccorso che era destinata per me, disse: “Si! Ormai è guarita! Lo farò!” Io, mi avvicinai alla gabbia e feci capire alla volpe che stava per essere di nuovo portata dai cuccioli e che il dottore era un suo amico. Quella emise un grido di gioia fra lo stupore di Antony, Nick ed il veterinario. Andammo a liberare l’animale tutti insieme, e andammo nel luogo preciso dove mi aveva detto la volpe. Quella si mise a correre tra la ghiaia e scomparve. Ci girammo per andare via, ma udimmo guaiolare. Era la volpe che aveva portato con se i tre cuccioli per farceli vedere. Il veterinario scoppiò in un pianto dirotto, mentre Antony ormai era rassegnato ad avere un amico ‘ volpe ‘ vicino.

 

 

(VIII)

 

 

Rientrai a casa mia; oramai ero segnato dal mio destino. Erano passati già i giorni stabiliti per la mia espulsione da scuola e all’indomani ci dovevo andare. Già sapevo che Antony avrebbe detto a tutti quello che avevo fatto e ne ero orgoglioso. Comunque dovevo capire in che direzione, adesso, si stava dirigendo la mia vita. Ero consapevole di avere un dono raro, ma ancora, per quanti sforzi potessi fare, non riuscivo a farmene una ragione. Il mondo ormai sapeva e di questo ne ero contento.

Ritornai a scuola il giorno dopo, e tutti i miei compagni, compreso il professore mi guardavano. Già si era sparsa la voce di quello che avevo fatto.

Durante la ricreazione, si fecero avanti tre ragazzi sconosciuti. Mi dissero di seguirli e così feci. “Tu sei Max? Quello che ha la coda e che parla con le volpi?” Mi disse il più grande, io risposi timidamente : “Si!” Avvertivo in quei ragazzi qualcosa di particolare. “Allora ne abbiamo trovato un altro!” Disse quello agli altri che sembrarono rallegrarsi. “Un altro che?” Dissi io. Più guardavo quel ragazzo, e più provavo soggezione. Sul suo gilé c’era il disegno di un lupo. “Come? Non l’hai capito? Anche noi, in modo diverso, facciamo quello che fai tu, e ci spingiamo addirittura oltre!” Non capivo. Mi sembrava di sognare! Non ero il solo ad avere quelle possibilità! Loro, sembravano essere molto più esperti di me. Con curiosità, chiesi a quei ragazzi il perché della loro visita. Quello rispose: “Siccome sei come noi, ti invitiamo oggi pomeriggio al nostro club! Ci incontreremo alle quattro alla vecchia fabbrica abbandonata! Li ti spiegheremo ogni cosa!” Io dissi con molto entusiasmo si, ma ancora non capivo. I tre se ne andarono senza salutare.

Antony, che aveva assistito alla scena, timorosamente mi disse: “Non vorrai andare con loro spero?” Io ormai avevo preso la mia decisione e dissi: “Certo! Come ha detto quel ragazzo, io sono come loro! E’ evidente che quello che sta succedendo a me, è capitato anche ad altri! Devo scoprire ancora di più su me stesso!” Antony, cercò di convincermi di non andare con quei ‘ tipi poco raccomandabili ‘ come diceva lui, ma fui irremovibile. Sarei andato alle quattro a quell’appuntamento.

 

(IX)

 

Uscimmo da scuola, ed io mi avviai per arrivare a casa, quando avvertii una presenza dietro alle mie spalle. Mi girai e vidi di sfuggita la sagoma di un lupo. Pensai di avere le allucinazioni ed accelerai il passo.

Mio padre era sulla soglia. Ormai sapeva ogni cosa, anche perché il veterinario gli aveva spifferato tutto. Mi guardò e disse: “E’ vero quello che si dice in giro sul tuo conto?” Io, negai ogni cosa ma, mio padre disse: “Non so come tu abbia fatto ma è tempo di prendere dei provvedimenti seri! Domani andrai da uno psicologo! Ho già preso la prenotazione!” Ancora non sapevo che non ci sarei mai andato. Entrai in casa. Mia madre mi guardava con apprensione. Io per distogliermi da quegli sguardi andai in camera mia. Quel giorno non pranzai, non avevo fame; l’unica cosa che mi premeva era l’incontro con altre persone che condividevano con me quel segreto. Spensi la luce e mi concentrai. La coda si fece rivedere, ma questa volta la toccai senza alcun timore. Ero una volpe! Nel mio destino c’era sicuramente qualche cosa di speciale! Decisi di andare dai miei e spiegare tutto. Feci così. Uscii di corsa, con la coda che mi usciva fuori dai pantaloni, e andando incontro a mio padre gli dissi: “Guarda! Guarda cosa sono!” Quello, restò di stucco. Prese in mano la coda e tentò di staccarla, ma io dissi: “Non la puoi staccare! E’ parte di me!” Mia madre svenne, e mio padre non sapendo cosa dirmi si sedette sulla poltrona. Dissi con aria sicura: “Adesso papà, cosa hai intenzione di farmi?” Quello disse: “Non lo so! Non so proprio cosa dire!” Io, sapendo che per lui era stato uno shock (come del resto lo era stato per me), incominciai a dire: “Sono una volpe! Non so come questo miracolo mi sia successo ma è così! Io vi voglio bene! Ma per me è tempo di prendere le mie decisioni e la mia strada! Starò sempre con voi, ma tu non mi devi chiedere più nulla! Devo scoprire molto sul mio conto! Adesso vado! Appena si sveglia la mamma dille che le voglio bene!” Mio padre aveva le lacrime agli occhi. Tentò di dirmi qualcosa, ma non poteva. Dopo un po’ disse: “Figlio mio! Vai! Se è questo il tuo destino! Sappi comunque che anche noi ti vogliamo bene!” Abbracciai mio padre e lo ringraziai per tutto ed andai via. Erano già le quattro.

 

(X)

 

Come concordato, mi diressi verso la fabbrica abbandonata. Era un posto tetro. Cosa mi sarebbe aspettato una volta dentro? Tremavo! La coda era scomparsa. Entrai con il cuore in gola. Se avessero voluto farmi del male, li dentro, nessuno poteva né vedermi e né sentirmi; comunque mi feci coraggio. Andai avanti, e appena arrivato davanti ad una porta sospirai forte. La aprì e davanti a me c’erano quei tre. Notai subito delle cose particolari. Il ragazzo che mi aveva parlato a scuola aveva anche lui la coda, ma da lupo ed in più aveva delle orecchie simili appunto a quell’animale. Gli altri due ci guardavano e sorridevano. “Hai preso la decisione più difficile della tua vita dicendo ai tuoi genitori la verità! Ma era quello che dovevi fare!” Mi resi conto che il  ‘ lupo ‘ stava parlando del mio discorsetto a mio padre, e, siccome ero sicuro di essere da solo in casa con i miei genitori dissi: “Ma tu come fai a saperlo?” Quello, con un sorriso disse: “Ti ho seguito fino a casa tua! Addirittura mi hai anche visto!” Restai paralizzato dal terrore. Allora, quel lupo che avevo creduto di vedere era davvero quel ragazzo? Risposi tremando: “Come? Eri tu quel lupo? Ma come hai fatto a…” “Trasformarmi!! EHEHEHE!! Ancora hai molto da imparare volpe!! Già! Alcuni esseri umani, sono in grado di trasformarsi in animali, altri, non avendo queste capacità si limitano a sentire dentro di loro il desiderio di esserlo. Noi siamo dei privilegiati!!” Io, restai un attimo senza parole, mentre la coda si fece rivedere. Dissi: “Allora, anch’io posso…” Un altro ragazzo, con l’emblema dell’orso disse: “Si! Ti puoi anche tu trasformare! Anzi… devi!! E’ il nostro destino!” Mi venne paura e balbettai: “Forse… c’è un errore! Io non sono chi credete!!” L’altro ragazzo che fino ad allora non aveva parlato si fece avanti, ed io potei notare sul suo gilé uno scoiattolo. “Si! Non ci sono dubbi! Cerca di scappare al proprio destino e alla propria natura! E’ una volpe!” Mi accorsi di aver, senza volerlo, rinnegato la mia condizione e dissi con superiorità a quel ragazzo: “E’ vero! Sono una volpe! E ti consiglio di stare attento a me!” Non sapevo come mai avevo detto quelle parole. Il lupo, disse: “E’ pronto! Ha già riconosciuto in te lo scoiattolo! E… ti consiglio di stare molto attento! AHAHAHA!” E si mise a ridere.

 

(XI)

 

Le ore insieme ai miei nuovi amici passarono veloci. Mi insegnarono molte cose che io non sapevo. Addirittura, ho scoperto che avrei potuto essere pure ingaggiato per qualche cosa di particolare. Verso sera, mi dissero che era arrivato il momento delle trasformazioni. Vollero vedere da vicino la mia coda, ed io la feci vedere. Furono molto contenti di me. Ormai sapevo come fare per far uscire la coda a mio piacimento, ma a loro questo non bastava: volevano una trasformazione completa. Io, che fino a quel momento sapevo solo di avere una coda e di poter parlare con le volpi, mi rivolsi al lupo e dissi: “E’ meglio che me lo spieghi! Io non lo so fare!” Quello, mi guardò e di colpo si trasformò in lupo. Fui colto dal terrore, e urlando cercai di fuggire, mentre gli altri due cercarono di impedirmi di andare via. Il lupo si ritrasformò in essere umano e disse: “Non devi avere paura! Devi fare come ho fatto io! Devi concentrarti e desiderare con tutto te stesso di diventare una volpe! Vedrai che ci riuscirai!” Lo feci, ed acquisì il potere di trasformarmi. Ero un bellissimo esemplare di volpe! Non ci credevo! Mi misero davanti ad uno specchio, e così ho potuto ammirare lo splendido pelo rosso. Senza fatica mi ritrasformai in essere umano! “Ecco! Ora sai trasformarti! E’ tempo che ti dica quale sarà d’oggi in avanti il tuo destino! Noi, non ci rivedremo mai più! Il tempo delle lezioni è terminato! Va volpe e dimostra al mondo chi sei! Dovrai cercare in te stesso! Il tuo destino si compirà quando prenderai una decisione difficile, come quella che noi tre abbiamo preso tre anni fa! Dipende tutto da te! Ti abbiamo detto tutto!” Detto questo, il lupo si ritrasformò e così gli altri due e se ne andarono lasciandomi solo al buio. Ero frastornato! Cosa sarebbe cambiato nella mia vita? In realtà, pensavo, che non mi avevano spiegato proprio nulla! Decisi di ritornare a casa.

All’uscita della fabbrica trovai Antony che aveva voluto seguirmi. Aveva visto tutto. Non disse nulla. Forse ormai, era talmente rassegnato che non osava più aprire bocca. Lo accompagnai a casa. Quando arrivammo davanti alla sua porta, con le lacrime agli occhi mi disse solo: “Max! Fa quello che devi fare! Ma ritorna presto!” Ed entrò in casa. Aspettai per un po’ li davanti, rimuginavo le parole del lupo e di Antony ma non sapevo cosa pensare. Quale decisione avrei dovuto prendere? E poi, perché il mio amico mi aveva detto di ritornare presto?

 

(XII)

 

Rientrai a casa ma i miei genitori avevano deciso di non parlare più del fatto che era successo. C’era nell’aria un non so che di triste. Cenai in silenzio e poi andai fuori sulla terrazza. Cercavo una risposta. Sapevo che la mia vita sarebbe cambiata ma non sapevo né il come e né il perché. Ero rimasto solo! La profezia della mia maestra si era avverata. Avevo paura, ma una paura irrazionale di cui non sapevo spiegarmi il motivo. Sentivo che dovevo uscire.

Presi la mia moto e mi recai nel punto dove avevo visto quella volpe. Piansi. Era questo quello che dovevo fare? Soffrire e restare da solo era il mio destino? Mi trasformai in volpe. Pensavo che così avrei potuto avere una visione più chiara di tutto il mio essere. Sentii in lontananza guaiolare. Alzai lo sguardo verso la luna; ad un tratto compresi il senso delle parole del lupo. Dovevo restare volpe ma dovevo anche vivere da essere umano! Non ero fatto per essere una cosa sola! Dovevo vivere il mio destino, però non potevo lasciare i miei genitori ed Antony senza due parole scritte, così mi ritrasformai in essere umano e mi avvicinai alla moto. Presi dal mio zaino carta e penna e scrissi questo messaggio: “Ai miei genitori ed amici, ed a tutti coloro che mi vogliono bene. Vado via per un po’! Voglio ritrovare me stesso! Verrò a trovarvi tra qualche tempo! Non vi preoccupate! Non mi accadrà nulla! Vi voglio bene! MAX!”. Appiccicai questo messaggio allo specchietto della moto e mi misi a piangere, ma lo dovevo fare. Mi ritrasformai in volpe e corsi via verso l’orizzonte, la… dove si sentiva guaiolare.

 

Ritornai? Certo! Passarono circa sette anni. Ormai avevo compreso di non essere quello che tutti credevano, ormai avevo due vite da vivere. Decisi di viverle tutte e due nel rispetto della mia natura, sia animale e sia nel rispetto delle persone, e giurai di difendere le creature di questo mondo, poiché, essendo una di loro, potevo capire tutto il bene che c’è , senza pregiudizi e senza paura di essere giudicato male. Compresi che gli uomini devono imparare a guardarsi dentro per scoprire il loro vero essere ed il modo per amare gli altri incondizionatamente e gratuitamente, come quella volpe che amava i propri cuccioli, e come io amavo i miei genitori.

Antony diventò veterinario e fu l’unica persona a conoscere le mie due vite separate e non mi tradì mai.

 

 

 

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