IL LUPO DELLA SIBERIA

RAFFAELE FAMELI

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In un tempo molto remoto, un branco di lupi cacciava in una landa desolata. Erano in dieci, lupi forti e valenti capeggiati da un esemplare unico nel suo genere. Il suo pelo era di un bianco splendente contrariamente alla natura grigia della sua specie.

Non aveva più i genitori; non li aveva mai conosciuti. I suoi lupi gli erano molto legati poiché era temerario in battaglia ma, nello stesso tempo gentile. Non aveva mai rubato agli altri un sol boccone di cibo, e di questo quelli ne erano riconoscenti. La natura imponeva una dura legge! La legge della fame!

Era da un po’ che il nutrimento scarseggiava! I cuccioli, nati da un po’ di tempo gemevano e così anche le loro madri che non li potevano più sfamare.

In questa situazione, nessuno poteva permettersi di prendere agli altri anche un piccolo pezzettino di carne, e lui, il capo branco lo sapeva fin troppo bene.

 

Videro in lontananza, li, tra la rada vegetazione delle prede! Il freddo, ormai, stava raggiungendo anche quella, che un tempo era stata una foresta piena di vita, ma ora il deserto della neve e del ghiaccio la stava divorando giorno dopo giorno. Alzando gli occhi, verso il nord si poteva vedere un monte innevato che toccava la sommità del cielo. Nessuno aveva mai osato avventurarsi su quelle rocce.

Gli stambecchi si stavano avvicinando senza saperlo al branco. Solo un lungo ululato li fece capire che erano in pericolo. Il branco, disperato aveva dato il via all’attacco, dettato dal desiderio di vita. Un attacco terribile, come terribili sono le zanne dei lupi. Fu tutto molto cruento e veloce! Le prede, calde del loro sangue che donava la vita ad altri esseri, furono abbattute.

Finalmente la fame era volata via! Tutti i lupi del branco affondarono le loro zanne nella soffice carne, e così anche le madri dei cuccioli pensarono di poter dare nuovo latte ai loro figlioletti pieni di speranza e di vita.

Solo lui non mangiava. Il bianco lupo non toccò nulla! Aveva fame, questo era certo, ma la sopravvivenza del gruppo veniva prima! Si sarebbe, dopo, accontentato dei resti! Sembrava essere un giorno felice, invece fu l’ultimo giorno per il branco. L’ultimo giorno di fame: la fame vera.

 

Scese la notte su quella distesa di erba sparsa e bagnata di neve. Un vento gelido scendeva da quel monte che tutto sembrava sovrastare. Il triste presagio di un territorio che stava lentamente dissolvendosi fu la causa della tragedia.

Quello del bianco lupo non era il solo branco. Infatti, più ad est, sopravviveva un altro branco di disperati. Quelli, avevano già perduto il loro territorio a causa della fredda natura che tutto doveva coprire. Volevano avere un altro territorio! Non per fame di conquista, ma per dare la possibilità ai giovani esemplari di sopravvivere.

Avanzavano nella fredda notte ed arrivarono fino a sentire l’odore dell’branco del lupo bianco.

Come impazziti si gettarono all’attacco. Era una sfida tra due famiglie distrutte dalla fame e dagli stenti, ma ancora di più dal pungente freddo siberiano.

Il lupo bianco con i suoi, lottarono valorosamente per molti lunghissimi minuti. Ma l’altro gruppo, con il suo capo erano in evidente superiorità numerica. Furono momenti di terrore e di lamenti acuti. Il branco del bianco lupo fu sterminato e così lo fu pure quello dell’altro capo branco. Il bianco lupo, era adesso sopra il corpo insanguinato dell’altro capo. Avrebbe potuto ucciderlo con molta facilità ma non volle! Forse per risparmiare una vita oppure perché vide in quel lupo una disperazione che era più forte della sua o per far continuare la vita in quel luogo desolato. A quello, restarono solo una femmina gravida e due cuccioletti che gemevano da far pietà, ma avevano vinto. Avevano vinto perché il bianco lupo aveva voluto così.

Al bianco lupo, a questo punto, non restavano che due possibilità: restare e sottomettersi al nuovo capo oppure andare via. Il lupo non pensava come noi uomini ma capì che restando poteva mettere a rischio la vita del nuovo branco del lupo dell’est che poteva rinascere, poiché avrebbe sottratto il prezioso nutrimento sia a lui che alla sua compagna ed ai due cuccioli che piangevano.

Era una strana situazione! Cosa avrebbe fatto il lupo bianco?

Quello, gettando uno sguardo triste verso i cuccioli come se fossero i suoi, girò le spalle e fece per andarsene. Il lupo dell’est, stupefatto da un tale inspiegabile se pur nobile gesto, prese delicatamente i due cuccioli dalla parte più tenera del collo e ululò alla sua compagna di seguirlo. Il bianco lupo si girò verso quel padre, che era stato tanto spietato in battaglia ma, ora così tanto dolce con quelle due creature. Volle dare un segno di profonda umiltà. Non c’era motivo di fare quel gesto!  Si avvicinò, e la femmina, credendo che seguendo l’istinto, il bianco lupo volesse uccidere i suoi figli, gli ringhiò minacciosa facendo vedere tutte le sue zanne scoprendole fino alla radice. Ma quello non aveva nessuna intenzione di attaccare. Leccò i due cuccioli, e girando le spalle andò via, lasciando quella madre e quel padre a guardarlo con stupore, ma in quello sguardo c’era anche una forma di riconoscenza! Il bianco lupo avrebbe potuto facilmente uccidere i cuccioli indifesi ma volle dare speranza a quella famiglia disperata.

 

Andò via per quella strada di bianca desolazione. Ormai era sicuro su quello che avrebbe fatto. Salì per quella montagna che toccava il cielo, dove nessuno era mai giunto, senza rimpianti. Oramai era solo. Dove mai sarebbe andato? Questo il bianco lupo non lo sapeva, ma sapeva che quella, d’ora in avanti sarebbe stata la sua casa.

Il cibo, su quella montagna innevata era una chimera. Oramai erano tre giorni che non toccava nutrimento. Scavò con gli artigli delle zampe il suolo innevato, senza però ricavarci nulla. Sembrava non esserci vita in quel posto, anzi, sembrava che non ce ne fosse mai stata.

Cercò per tutto il giorno, ed ebbe anche la voglia di ritornare nella sua foresta, ma ormai era tardi. Si avvicinò ad un burrone e spinse il suo sguardo fino alla sua vecchia casa e pianse.

 

Scese la notte. Una notte illuminata dalle stelle e dalla luna, ma tanto, tanto fredda. Non aveva un posto dove dormire. Tentò di ululare per trovare dei compagni ma nessuno rispose a quel grido di disperazione. Guardò su nel cielo. Vide la luna, bianca e splendente come il suo mantello, e ad essa ululò tutta la sua disperazione. Pregò! Pregò la luna di salvarlo. Forse questo un lupo non poteva farlo, ma sembrava proprio che lo facesse. In quel ululato ci mise dentro tutto se stesso e l’angoscia di essere rimasto solo.

La guardò ancora per un po’ , quella luna che lo spiava dal cielo, e dopo, il bianco lupo si girò dietro di lui e notò sotto la roccia una insenatura come se fosse un rifugio. Prima non l’aveva notato.

 

Lentamente, affondò le sue zampe nella neve. Aveva freddo e quindi cercò di raggiungere quella che per lui sarebbe stata una tana per passare la notte. Accovacciandosi dentro, notò che essa  era comoda e pulita, soprattutto era calda. In quella bianca distesa aveva trovato un paradiso. Si girò per osservare meglio quell’antro e vide vicino alla parete interna un batuffolo di pelo. Era un coniglio delle nevi! Era la salvezza per quella notte. Senza domandarsi nulla lo divorò in un istante. Era scampato alla morte.

 

Il giorno dopo fu identico al primo! Cercò ma non trovò. Era chiaro che la fortuna lo aveva solo aiutato per una notte. Era avvilito e stanco. Aveva cercato comunque di sopravvivere ma così non poteva durare. Era troppo, anche per il bianco lupo! Non poteva neppure respirare quell’aria gelida senza gèmere. Il freddo gli entrava dentro come mille pugnali.

 

Intanto, la situazione nella sua vecchia terra non era delle migliori. Molti branchi di lupi, alla ricerca di cibo si erano uniti al branco del lupo dell’est che ne diventò subito il capo. Stavano anch’essi per morire. Il bianco deserto avanzava e per loro, ormai non c’era più scampo.

 

Scese di nuovo la notte. Per il bianco lupo fu ancora più straziante della prima. Stravolto dalla fatica ed affamato rientrò nella solita tana, e come la sera prima si sdraiò. Ma, sempre alla parete c’era un coniglio. Non si chiese il perché di quella carne così tanto desiderata e la mangiò.

Per molti altri giorni si ripeté la solita storia. Affamato ritornava alla tana e, sempre trovava un coniglio. Cosa mai stava succedendo? Chi mai lo stava aiutando a sopravvivere in quella desolazione?

 

Erano passati ormai sette giorni. Il bianco lupo ormai aveva capito che dentro quella tana, ogni sera, avrebbe trovato di che sfamarsi. Volle comunque accertarsi alla luce del sole di quel giorno, se qualcuno abitava quell’antro quando era mattina e la neve era lucente come mille diamanti. Non trovò nessuno.

La notte, dopo aver girovagato per la montagna entrò di nuovo in quella che ormai era la sua tana, ma, al posto del solito coniglio vi trovò una strana creatura. Era una volpe artica! Il bianco lupo aveva già visto quelle creature e le considerava prede, ma quella sera era spinto da una crescente curiosità. Le si avvicinò dolcemente. Quella lo guardò negli occhi senza paura. Fu tutto molto strano! Il lupo e la volpe comunicarono in una lingua universale che noi uomini abbiamo dimenticato da secoli. “Lupo!” Gli disse la volpe: “La luna, che tu hai invocato mi ha mandato da te per aiutarti!” Quello la capì e disse: “Sono ormai sette giorni che trovo del cibo! Per caso questa tana è tua?” La volpe disse: “E’ di tutti e due! E per quanto riguarda i conigli che trovavi, ero io che li mettevo qui per te, per farti sfamare! No! Non mi devi essere riconoscente! Quello che ho fatto è stato solo per farti restare in vita poiché hai un altro compito! Tu tenevi molto al tuo branco e l’hai guidato per tante battute di caccia anche a rischio della tua stessa vita! Addirittura non mangiavi per farli vivere!” Quello la guardava in modo interrogativo, e guaendo in modo lancinante le disse: “Ormai è tutto finito!! Non ho più nessun branco da proteggere!” La volpe lo leccò molto teneramente e gli disse: “Non è vero! Ancora qualcuno da proteggere c’è! Ricordati di quello che hai fatto, e alla vita che hai risparmiato ad un tuo nemico! Ancora, comunque è presto! Per ora dovrai imparare a sopravvivere in questo posto da solo! Te lo insegnerò io! Non tèmere!” Il bianco lupo e la bianca volpe restarono così, nel buio di quella tana fino al mattino. Non esisteva più in loro differenza di specie.

 

Nella terra lasciata dal bianco lupo, la situazione si era ulteriormente aggravata. Una epidemia di febbre aveva lasciato il segno. Il cibo non solo riempie lo stomaco ma aiuta a sopportare meglio le malattie, ma… in quella terra non esisteva più nessuna preda. I cuccioli che in un tempo favorevole giocavano, ora stavano attaccati alla madre guaendo per la gran fame. Il Lupo dell’est non sapeva più cosa fare, ed anche lui, proprio come aveva fatto il bianco lupo, ululò alla luna il suo grido di disperazione.

 

Il bianco lupo, imparò dalla bianca volpe le tecniche di caccia adatte per quel luogo di freddo. Acquisì così, la furbizia necessaria per catturare le creature che la popolavano, e che mai, per nulla al mondo, sarebbero state catturate con i suoi, seppur valenti metodi da lupo. Tutto questo continuò per molte settimane, ma la bianca volpe gli disse che per la sua vera missione quello non poteva di certo bastare.

 

Arrivò così l’inverno. Questa stagione, già così terribile, lo era ancora di più in Siberia. Il lupo dell’est vide morire tanti cuccioli e compagni. Quella vista per lui era terribile, forse la più grande tragedia. Cosa e chi avrebbero potuto aiutarlo? Ormai vedeva il nero mantello della morte avvicinarsi sempre di più. Prese la decisione di abbandonare quella terra per cui aveva combattuto, doveva farlo. Ululò al suo branco di seguirlo e, tutti insieme si diressero verso la grande montagna innevata.

 

Una mattina di vento gelido si affacciava timorosa con un pallido sole coperto dalle nubi che tutto presagivano tranne qualcosa di buono. Il bianco lupo vicino alla bianca volpe erano nella tana stretti come a sentir ognuno il calore dell’altra.

Tra la neve il bianco lupo intravide all’orizzonte una cosa insolita. Vide correre verso la montagna molti lupi affamati e disperati. Si alzò per scorgerli meglio, mentre la bianca volpe disse: “Il tuo branco è già arrivato! Da te cercano protezione e cibo!” Quello, la guardò in modo interrogativo dicendogli: “Cosa posso fare? Anche per me il cibo scarseggia e poi devo pensare anche a te, o dolce compagna di sventura! Non posso aiutare nessuno!” La bianca volpe lo guardò con amore e tenerezza e disse: “Tu a me non devi neppure pensare! Ora devi pensare a loro!” Il bianco lupo si rigirò verso quei disperati e poi di nuovo verso la bianca amica che gli sussurrò: “Ulula per farti vedere, e non tèmere! Ricordati! La luna ti protegge con il suo bianco splendore a cui appartieni! E’ questo il destino che la vita ti ha riservato fino al giorno della tua nascita. Io lo so bene… Sono tua madre!” Il lupo gioì nel ritrovare la madre che non aveva mai conosciuto e non si domandò il perché della differenza di specie tra di loro. Quella terra gelida e tragica li aveva fatti incontrare di nuovo. La leccò come solo un figlio sa fare e l’amò intensamente.

 

Preso da nuovo coraggio si diresse verso il burrone e guardò infondo. Vide quella moltitudine di sconsolati correre per il sentiero da cui, anche lui molto tempo prima era salito. Alzò il muso verso il cielo e in tutta la montagna risuonò un lungo e modulato ululato di richiamo.

Il lupo dell’est, insieme a tutti i suoi compagni alzarono il capo e videro il bianco lupo ritto e fiero. Lui, il capo branco dei lupi dell’est ululò per rispondere e abbassò le orecchie per trasmettere la sua più umile sottomissione al nuovo capo. Aveva infatti già da tempo capito di non poter fare più nulla per il suo branco, e così, si rimetteva alla forza del bianco lupo che ne diventò subito il capo.

Si avvicinarono correndo, felici d’aver trovato colui che avrebbe dovuto aiutarli e condurli verso una nuova vita. Si! Non avevano nessun dubbio! Dovevano darsi così com’erano a lui! Lo sentivano per istinto! Lui rappresentava in quel momento la vita che quella terra stava rubando.

Un raggio di sole colpì i lupi come per rallegrarsi. Ora erano insieme e potevano sopravvivere.

 

Il bianco lupo, tuttavia, non sapeva cosa fare per sfamarli ma, la bianca volpe disse: “Dovrai affrontare delle prede molto più grandi di te! Per sfamarli dovrai affrontare gli orsi bianchi! Lo devi fare per loro! So che ci puoi riuscire! Vieni con me! Ti porterò dal nuovo cibo!” Egli vi andò senza pensare al pericolo che avrebbe corso.

Arrivarono davanti ad una tana di orsi. Entrarono timorosamente.  

Una dura lotta fu combattuta tra il bianco lupo e l’orso. Anche se può sembrare crudele, le leggi naturali impongono che qualcuno perisca per far vivere l’altro. Questa era una legge che il bianco lupo aveva imparato fin dai suoi primi giorni di vita. Gli orsi erano dei veri e propri giganti in confronto a lui, che pur essendo terribile negli attacchi, era estremamente più piccolo; ma alla fine ce la fece. L’orso, una vera e propria forza di quella tremenda e spietata natura, cadde sotto le zanne feroci del bianco lupo.

La bianca volpe disse allora: “Adesso insegna a cacciare al tuo branco! Ti aspettano! Io… io devo andare! Ormai il mio tempo di permanenza con te è finito! Ti ho insegnato a cacciare, ti ho protetto come non ho fatto quando eri piccolo! Noi non ci vedremo mai più! La luna mi sta chiamando di nuovo a se!” Il bianco lupo guaì in modo lancinante : “No! Madre! Devi restare con me a darmi coraggio! Non mi abbandonare!” Ma essa disse: “La luna mi richiama a se! Se prima sono stata io a farti vivere, ora è tempo che tu lo faccia con gli altri! Insegna loro quello che ti ho insegnato io, e sarò sempre vicino a te anche se non potrai più vedermi! Lasciami andare!” Il bianco lupo pianse a lungo. Si voltò verso la luna e con un lungo ululato espresse tutto il suo dolore, ma, quando si volse verso la bianca volpe quella era già scomparsa.

    

Insieme a lui, il branco sopravvisse a quell’inverno ed a molti altri. Impararono a cacciare prede molto più grosse di loro ma al solo scopo di nutrirsi e mai per divertimento. Il lupo dell’est fu sempre molto grato al bianco lupo per tutto quello che gli aveva insegnato e così arrivò fino a vedere i suoi cuccioli divenire forti.

Mai il bianco lupo dimenticò la madre. Ogni sera, quando il tempo lo permetteva, egli ululava alla luna ricordando i giorni passati insieme a lei.

 

Il tempo era passato veloce come non mai. Ormai uno dei cuccioli del lupo dell’est era divenuto capo branco. Il bianco lupo gli aveva ceduto il posto senza combattere. Era divenuto ormai vecchio e stanco. Il suo corpo era pieno di ferite a causa delle battute di caccia! Mai fu un capo crudele, e questo gli altri lupi lo sapevano. In quella, che una volta fu la tana sua e di sua madre, egli giaceva senza avere più forze. Gli altri lupi, ormai, gli portavano da mangiare perché lui non poteva più muoversi.

 

All’imbrunire di un giorno pieno di sole, egli era sempre accucciato nella tana. Si girò verso la parete dove aveva visto la bianca volpe la prima volta e morì. Forse rivide sua madre perché gli altri lupi, quando lo trovarono, gli videro sul volto una specie di sorriso e due lacrime agli occhi. Sembrava che dormisse di un sonno sereno.

 

Tutti i lupi della Siberia ricordano il bianco lupo. Egli divenne una leggenda per loro. Una leggenda fatta di rispetto per la vita e per amore. Egli vive ancora nei lupi in quella terra fredda e gelida, ma che da quando lui la conquistò, divenne cibo per gli altri lupi e fonte di speranza anche per noi che abbiamo vissuto in questa storia le sue avventure come se ci fossimo stati ed avessimo con lui ululato alla luna.

 

 

 

 

 

 

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